Back Gran Fondo Gare Marina Ilmer ciclista autoctona e vincente

Marina Ilmer ciclista autoctona e vincente

Castelbello Ciardes (Bolzano) - La Provincia Autonoma di Bolzano – Alto Adige, Südtirol in tedesco, è terra di campioni, che emergono soprattutto negli sport invernali.  Sportivi che grazie alla determinazione, alle fatiche e al sacrificio che impone la montagna riescono ad emergere con maggior facilità anche in altre discipline, come il ciclismo. Marina Ilmer che vive a Castelbello Ciardes (Bolzano) è una di queste. Sale in bicicletta a trent’anni e grazie alla voglia di emergere e alla determinazione riesce ad imporsi come una delle protagoniste del movimento delle due ruote amatoriali femminile. Ma il legame con la sua terra, le tradizioni, gli usi e costumi ne fanno una ciclista autoctona, cresciuta soltanto grazie all’esperienza maturata insieme a suo marito nelle diverse gare a cui ha partecipato, contando soltanto sulle proprie energie e la capacità di effettuare sforzi e fatiche. Da quest’anno veste i colori della Team Gobbi LGL Somec con cui è riuscita a conquistare le Gf Liotto e fi’zi:k, GF Rigoni di Asiago, percorso medio della Gf Valli Bresciane e Gf Due Passi di Matildica.

- Quali sono i prossimi appuntamenti che ti vedranno protagonista?

“Domenica parteciperò alla Gf Sportful, poi dal 23 al 29 Giugno al Schwalbe-Tour-Transalppowered by Sigma, vinto lo scorso anno, che non è solo competizione ciclistica ai massimi livelli, ma un evento che offre anche la possibilità di scoprire il paesaggio alpino e le sue meraviglie, nonchè la sua varietà geografica e culturale.  Per questo sarò di nuovo al via, sempre in un team femminile, questa volta insieme a Edith Van den Brande. Nel programma stagionale vi è anche la partecipazione alla Highlander e naturalmente la Ötztaler. Lo scorso anno decisi di parteciparvi all’ultimo momento senza avere la necessaria preparazione per questa gara molto impegnativa. Era proprio lì la prima volta che ho pedalato 8 ore senza fermarmi”.

Cosa pensi dell’attuale movimento ciclistico amatoriale?

“Premetto che ho iniziato l’attività agonistica da poche stagioni e quello che ho notato è che il livello delle prestazioni dei ciclisti è aumentato anno dopo anno. Ci troviamo qualche volta quasi al livello dei professionisti e per noi amatori diventa sempre più difficile competere con quelli che corrono al top, anche considerando che non abbiamo le stesse condizioni economiche e il tempo per praticare il ciclismo. Ma quello che mi rende sempre molto triste è, quando sento che anche nel mondo ciclistico amatoriale la gente si dopa. Mi chiedo sempre, ma per che cosa? Per un cesto o un gadget tecnico ha senso rovinarsi la salute e ingannare gli altri”.

- Hai sentito parlare delle nuove norme che la SAN FCI proporrà al consiglio Federale? Non tesseramento dei ciclisti che hanno avuto problemi con il doping ed ex professionisti per almeno quattro anni dopo la chiusura dell’attività professionistica. Cosa ne pensi?

“Per me andrebbero bene queste norme. Importante è che si intervenga e che si faccia finalmente qualcosa per tentare di arginare la piaga del doping, anche se è una missione impossibile. Si potrebbe discutere e confrontarci sul numero degli anni che devono trascorrere perché un’ex professionista possa gareggiare tra gli amatori, magari riducendolo a due o tre. Per quel che riguarda i controlli, io sarei disposta anche a pagare qualche ero in più la quota d’iscrizione ad una manifestazione, per finanziarli. Dicono sempre che non si fanno, perché costano troppo e i soldi non ci sono. Secondo me sarebbe realizzabile, se c’è la volontà, oppure mi sbaglio?”.

- Quando hai iniziato a gareggiare tra i cicloamatori?

“Sei anni fa ho comprato la mia prima bici da corsa e allo stesso tempo mi sono tesserata nella società sportiva ARSV Vinschgau. I miei compagni visto come pedalavo, mi hanno convinto, in realtà quasi costretto, a provare con loro una gara in salita. Da noi e nei dintorni ci sono quasi solo gare in salita, e cosi è cominciato tutto. Anche se la passione per la bici c’era già a 14 anni quando avrei voluto una bici da corsa, anche solo per andare in piscina. Poi ho vinto le mie prime gare e la passione mi ha travolto definitivamente. Devo dire che sono diventata una sportiva praticante a trenta anni. Diverse stagioni fa con mio marito, durante i fine settimana salivamo sulle Malghe in Mtb, facendo delle escursioni, ma non mi sono mai preparata come ora. Nel 2010 ho incominciato con le granfondo. Mio marito ed io abbiamo deciso di provare solo una volta una granfondo, per curiosità e abbiamo scelto la Eddy Merckx. Eravamo totalmente inesperti. Anche se quel giorno lì andò tutto storto e soffrì molto, al termine della gara ero comunque felice”

- Come riesci a far coincidere la vita familiare con gli allenamenti e lavoro?

“Devo dire che è veramente difficile e ogni giorno si rinnova la sfida. Lavoro come insegnante di sostegno in una scuola superiore, ci sono i lavori domestici la cura del giardino e della piccola piantagione di mele di mio marito. Per tutto questo è molto difficile trovare il tempo per l’allenamento. La sera al termine della giornata siamo esausti, ma non ci arrendiamo perché la passione ci spinge a tornare in sella. E per questo sono orgogliosa di quanto sono riuscita a fare sino a questo momento della stagione, perché come un semplice cicloamatore riesco a dare un gran valore al successo conquistato senza far vita da professionista e abbandonare le azioni quotidiane nella mia amata terra”.

- Quanto vale il successo di una donna, in una gf, visto che comunque spesso passa sempre in secondo piano?

“Secondo me, le donne meritano sicuramente più stima e rispetto per le loro prestazioni nelle gf e anche in generale. È veramente un peccato, che questa situazione non si sia ancora cambiata”.