Ven04192024

Aggiornamento:12:20:44

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Quanto vale una vittoria femminile nel ciclismo?

Ed è proprio quando l'impressione che intorno giri un mondo sciatto e distratto che si alza la voce e sono voci di donne, non di femministe bensì “cicliste” e atlete che conoscono la fatica, la disciplina e il rispetto per gli altri, sia pure l'apparenza spesso delicata ed innoqua. Anche loro dimostrano sui pedali che la bici insegna “cos'è la vita”, a percorrere la “nostra strada” con determinazione e  “pedalare per raggiungere la meta”. Sanno anche loro “Combattere per Vincere”.

Anche tra loro esiste la frase: “ se battezzi la ruota sbagliata non vinci più in volata” oppure “la ruota oltre che tenerla va anche succhiata”. Magari leggendo queste breve preambolo qualcuno potrà dire:”bè è chi lo ha messo mai in dubbio? ”Basti osservare che l'evento Rosa che porta il nome: “Giro D'Italia donne 2011”, sia pur presentato dalla “Gazzetta dello Sport” con un elenco di gare a tappe, nella giornata del 10 giugno non esiste alcuna icona cliccabile che fa apparire, come per quello maschile, la scritta:”Giro d' Italia donne 2011” con tanto di elenco tappe, altimetrie ed orari e presentazioni video.

Quindi glisso al campo amatoriale, magari non sono sufficientemente titolata a scrivere in merito come direbbero “i Più”. Comincio a porre la seguente domanda a “plurititolate” e “vincitrici” nel settore amatoriale, che siano esse ex prof o semplici sportive con del talento: “Qual'è il valore di una vittoria al femminile”?. Molte evitano di rispondere, con un sorriso sarcastico, altre gelide non hanno ascoltato la domanda, qualcuna risponde entusiasta magari della vittoria appena giunta in quella domenica di gara e descrive le sensazioni provate lungo il percorso, ricordandolo nei minimi particolari e magari criticandolo anche proprio come nella versione al maschile.

Il fatto sconcertante è che la maggior parte di loro tiene a precisare l'arrivo assoluto sugli uomini, quasi a giustificare la loro vittoria, quasi a dare per scontato che avesse una minore valenza, come se i sacrifici che hanno affrontato per arrivarci valessero meno, come se il lungo inverno passato a prepararsi fosse stato meno freddo. Parlare di cicliste che hanno anche una famiglia e oneri lavorativi è superfluo vista la riconosciuta parità con l'uomo ottenuta sopra ogni livello eccetto in quello sportivo. La luce dei riflettori sulle loro vittorie però non brilla con la stessa intensità, e sono proprio loro che a volte ritengono inutile parlarne e spiegare “cosa significa per loro pedalare essendo donne”.

Da questo punto di vista parlerei di “omertà femminile”. Esiste un'omertà come “comune sentire” ovvero farsi i “fatti propri” in maniera accentuata lì dove si potrebbe agire diversamente. L'omertà del silenzio e della necessità che ci suggerisce che nessuno è “un eroe” si traduce nell'assenza di parole e commenti come a dire “non sono folle tanto da mettere in piazza “il mio sentire” e vederlo poi ingiustamente frainteso. Questo silenzio è una colpa o una necessità? O meglio non è proprio “l'omertà che alimenta la necessità stessa per cui è una colpa?”.

Sembra da questo quadro che di condannabile non ci sia nessuno, bè allora diamoci una mossa tutti e dimostriamolo con i fatti, e possibilmente rompendo il velo di ipocrisie e silenzio senza crocefiggere nessuno. Fino a quando si continuerà a fare finta di nulla il ciclismo rosa stenterà sempre a emergere come oggettivamente merita. Sono altresì cosciente che è stato pericoloso con queste parole “porre in modo sbagliato ed aggressivo questioni sul ciclismo femminile sostanzialmente giuste, per cui saluto tutti dando un arrivederci alla prossima puntata.

 

 

Fonte: Ines Macchiarola