Gio05162024

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Non di solo doping è malato questo nostro ciclismo

Ma siamo proprio sicuri che il vero male del ciclismo sia soltanto il doping? O parliamo soltanto di questo perché è più facile puntare il dito contro uno o più soggetti e sprecare fiumi di inchiostro o pagine web per leggere giudizi, richieste e sproloqui che qualsivoglia appassionato o addetto ai lavori sentenzia?

Apri il Corriere della Sera di Sabato 3 Novembre e al centro dell’edizione cartacea trovi la foto di Aleksandr Vinokourov e Alexander Kolobnev in fuga alla Liegi – Bastogne- Liegi. Con tanto di titolo: “Le email, i due bonifici. Così il campione pagò per arrivare primo in volata”. La storia è ormai nota a tutti, pare che Vinokourov si accordò con Kolobnev per vincere in solitudine la manifestazione in programma il 25 Aprile 2010, dietro esborso di 150000 mila euro. Tutto sarebbe passato sotto traccia se la Procura di Padova non avesserintracciato le mail che i due ciclisti si sono scambiati per chiudere l’affare. E’ successo soltanto questa volta? Oppure anche questa è una pratica comune, non solo tra gli atleti di elite, ma anche tra i cicloamatori? Il puro semplice appassionato di ciclismo si esaltatò per il successo di Vinokourov,  applaudendo   alle  potenzialità di questo ciclista e del suo splendido gesto atletico che, almeno dalle ricostruzioni della Procura, sembra frutto di un lauto compenso. Dunque, se   trattasi di    frode sportiva, gli indagati sono "vincitore e vinto".  Perchè non parlare anche dello scandalo doping meccanico delle bici truccate che più del doping stravolge il senso dell'atto ciclistico?    Intanto in questi anni si è parlato  soltanto di doping!

Alcune società ciclistiche professionistiche faticano a restare in vita. Ciclisti che per approdare al professionismo devono garantirsi uno stipendio portando uno sponsor, si dice che spesso non percepiscono neanche ciò che gli spetta da contratto: ma di questo non si parla poco perché non desta un grande interesse.

Arriviamo poi al caso Armstrong. Sette Tour cancellati dopo diversi anni. Pare per  la compiacenza di alcune strutture che hanno coperto eventuali abusi del ciclista texano, di  organismi internazionali che danno credito a ciclisti pentiti, nonostante questi  abbiano ammesso di aver fatto uso di sostanze dopanti proprio come l’accusato. Quale la pena per questi signori reo confessi?   Pena  ridotta per aver emesso sentenze contro chi aveva loro garantito lo stipendio,    accettato in quegli anni il doping senza batter ciglio! Oggi si ritrovano tutti virtuosi. Quale credibilità ha questo movimento agli occhi dello sportivo?

Si è parlato tanto del "caso Maccanti", dalle cui gesta negative si deve la nascita della Five Star League e dei controlli fatti alle quattro, cinque di mattina, gesta negative che hanno contribuito a produrre un progetto importante per il movimento cicloamatoriale, purtroppo, ci pare ancora non attuato compiutamente. Vogliamo parlare anche di ciclistiche sottoposti a provvedimenti  vengono squalificati con pene, seppur severe, solo dopo diversi mesi, a cui intanto si dà l’opportunità di partecipare vincere manifestazioni a man bassa? Di società che in un anno si trovano in casa due o tre casi di doping. Sono i ciclisti per primi a dubitare di questo ciclismo malato, ma non soltanto di doping. Sono loro i primi ad emettere giudizi negativi su soggetti che per vari motivi chiudono anzitempo la stagione sportiva adducendo a pratiche illecite e quanto altro.

Dunque diventa persino lecito che il  semplice appassionato   o lo sportivo in genere, considera tutti nel  mondo del ciclismo come dei  "dopati”

Nonostante le limitazioni e le pene inflitte l’uso di sostanze dopanti imperversa e continua. Continua malgrado le  pesanti pene pecuniarie e persino il  carcere.  Il doping, purtroppo, continuerà ad essere uno dei mali dello sport e non solo del ciclismo. Non è forse il caso di cominciare a pensare che questo movimento è sopravvalutato? L’attività amatoriale nel senso letterale significa ben altro. Oggi il movimento amatoriale è pieno di giovani ciclisti che non trovano spazio tra i dilettanti e i professionisti che ripiegando nella pratica cicloamatoriale auspicano di dar fondo alle proprie velleità agonistiche.  La caccia al risultato diventa sempre più esasperata e in molti si radica l'incoscienza di non riuscire ad emergere soltanto con le proprie forze porta a commettere quegli errori di cui parliamo.

La lotta al doping va intensificata e chi sbaglia deve pagare,  su questo non si discute. Fino a che per fatti di doping non si prenderà la drastica decisione della radiazione a vita dal mondo sportivo,  chi è trovato positivo, scontata   la pena che gli viene inflitta,    torna a gareggiare a pieno titolo (e ne ha diritto)  in tutte le gare che sono aperte alle categorie amatoriali, perché quando la FCI o un altro ente della consulta ti rilascia un tesserino da cicloamatore non ha senso che alcune manifestazioni siano proibite a questi ciclisti. Sarebbe come dire che ad un cittadino che scontata la pena carceraria gli  vengono preclusi i diritti civili.

Qualcuno si è chiesto perché la gran parte dei controlli antidoping viene effettuata soltanto nelle gare FCI? Non abbiamo la risposta ma possiamo dire:  Fatta eccezione per le Gran Fondo. Sappiamo che i controlli antidoping per l'attività amatoriale possono essere predisposti in ottemperanza alla ex legge 376/2000  solo dalla  Commissione di vigilanza ed il controllo sul doping del Ministero della Salute ma, forse, è  il caso che si rendano ben più ramificati i controlli anche nelle manifestazioni, soprattutto quelle regionali in circuito, organizzati dalla stessa FCI e dagli EPS, ma ci rendiamo anche conto che i fondi  stanziati al riguardo sono sempre  più ridotti e che agli stessi EPS l'attuale legislazione non consente di  predisporre   controlli antidoping ma, "promuovere campagne di informazione per la tutela della salute  nelle attivita' sportive e di prevenzione del doping".

Tutte queste considerazioni hanno un solo fine, che è quello di portare a riflettere anche se per un solo attimo semplici appassionati, ciclisti e professionisti e sottolineare a gran voce che il ciclismo non è malato soltanto di doping.