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Novembre: riposo si, ma occhio al detraining

 

Il mese di novembre, per molte specialità di ciclismo, rappresenta cosi detta "fase di transizione". Questa può durare alcune settimane, prevedere una fase di riposo assoluto, ed attività alternative diverse dalla bici. Questa fase va personalizzata sulla base di quanto fatto e di quanto si vorrà fare nella stagione agonistica a seguire, e va evitato un eccessivo detraining puntando al mantenimento di una buona condizione fisica.

 

OBIETTIVI DEL PERIODO DI TRANSIZIONE

Il fondatore dell'allenamento è ritenuto L.P. Matveev (scienziato russo), tuttavia la moderna metodologia dell'allenamento ha poco in comune con l'andamento periodizzante espresso da lui e con la vecchia scuola dell'est in genere. Ci hanno lasciato però la basi generali per procedere correttamente ed a cui affidarci sempre, con una chiave di lettura nuova.

Il Periodo Transitorio, di durata variabile, serve a fornire il giusto recupero psico/fisico dopo una stagione intensa di allenamenti e gare, generalmente non si parla di riposo assoluto prolungato ma bensì di riposo attivo.

Si può riprendere o mantenere l'attività inserendo anche una componente inusuale come sport alternativi (di simile impegno metabolico e possibilmente cinematico rispetto allo sport di riferimento) con volumi ed intensità varie a seconda delle necessità del soggetto. Di sicuro i mesi invernali di "fondo ed agilità con il 39" non hanno attinenza con nessun modello di prestazione ed appartengono ad un ciclismo fatto di miti e leggende che non esiste più (per fortuna).

 

SCOPRIRE E QUANTIFICARE UNO STATO DI AFFATICAMENTO

La necessità di recupero va valutata in relazione allo stato di affaticamento con cui si conclude la stagione o comunque un ciclo di lavoro intenso. Per questo, oltre alla psicodiagnostica, ci possono venire in aiuto alcuni decision maker utili a capire se il soggetto è affaticato o meno ed a che livello. Di conseguenza si attueranno misure di ristabilimento, riposo attivo e quant’altro.

 

Tra questi possiamo citare l’analisi della variabilità cardiaca (HRV) che studiando la varianza tra ogni singola pulsazione cardiaca ci dà informazioni sul tono simpatico e vagale, di conseguenza sullo stato del sistema nervoso. Anche le bioempedenza è utile allo scopo, monitorando la massa cellulare in kg e % , ed il PA (angolo di fase) si hanno informazioni importanti sullo stato anabolico o catabolico del soggetto, sullo nutrizionale e sulla sua idratazione. Infine le analisi ematiche in particolare l’emocromo, i parametri del ferro, il rapporto testosterone/cortisolo, ci chiariscono il quadro. Tutte queste informazioni, e molte altre, hanno senso se contestualizzate allo storico del soggetto.

 

ATTENZIONE AL DETRAINING

Detraining, ovvero perdita di allenamento, è un fenomeno che può essere definito come “alterazioni fisiologiche e psicologiche derivanti la sospensione o riduzione prolungata dei carichi di allenamento (Israel, 1972)”. La causa può essere rappresentata da infortuni o dalla incidenza del periodo di transizione o da un abbandono temporaneo dell’attività. Talvolta, in atleti evoluti, si riscontrano dopo pochi giorni di interruzione degli allenamenti: mal di testa, insonnia, spossatezza, perdita di appetito e depressione (Israel, 1972). Dopo 4-8 settimane di Detraining, soggetti allenati perdono tutti i benefici acquisiti con l’allenamento. (Fox, Bowes e Foss, 1989).

 

GLI EFFETTI RESIDUI DI ALLENAMENTO

Gli effetti residui dell'allenamento hanno durate differenti, e rispecchiano in qualche modo l'andamento temporale delle fasi di adattamento. Queste linee guida possono essere quindi utili per controllare la fase transitoria e gestire il detraining, limitandolo al massimo.

Trascorso questo arco di tempo i benefici indotti dall'allenamento scompaiono; si vede come le capacità metaboliche e neuromuscolari che richiedono tempi di lavoro ed adattamento maggiori, persistono di più in caso di detraining. Il detraining è più lento in atleti allenati da tempo, è invece più rapido in atleti allenati di recente.

QUANDO SI COLLOCA LA TRANSIZIONE DEL CICLISTA AGONISTA

La fase transitoria, per definizione, è un passaggio da un stagione agonistica alla successiva. L'obbiettivo è mantenere comunque sempre un buon livello di prestazione, non molto lontano dai propri best stagionali, rosicchiando quindi sempre qualcosa alla RGA (riserva generale di adattamento) tramite vari cicli  di esaurimento della RAA (riserva attuale di adattamento), sino al proprio limite personale.

 

DIVERSIFICARE LE ATTIVITA'

In alcuni casi possono trovare spazio quindi tutte quelle attività a carattere principalmente aerobico per il mantenimento di un buona fitness cardiovascolare ed un buon tono muscolare; anche le attività di potenziamento con carichi moderati possono essere utili come fase di adattamento anatomico antecedente un lavoro specifico sulla forza massima (ad esempio in palestra). Si possono citare la corsa, il nuoto, il trekking, le sedute di cardio-tonificazione in palestra, lo ski-roll e lo sci di fondo.

 

ULTIMI TEST PRIMA DELLA SOSTA

Prima di fermarsi, nel caso in cui la condizione sia molto buona, va anche valutata la possibilità di eseguire alcuni test di valutazione funzionale; questa prassi è utile quindi per fare una "fotografia" dello stato attuale dei principali marker specifici di condizione fisica.

Questi marker verranno presi sia come riferimento alla ripresa (il discostamento % deve essere ridotto) e come obbiettivo da migliorare la nuova stagione, nella ricerca del pieno sviluppo della propria riserva generale di adattamento (RGA), esaurita la quale e considerando l'avanzare dell'età, il miglioramento ulteriore sarà il mantenimento del livello di prestazione raggiunto.

 

 

STUDIO CTM Alessio e Marco Cellini

www.cellinitrainingmethod.it